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Cinema Sonoro La pubblicità subliminale Gli anni 80 e 90 in Italia  
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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo  della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.

Dalla fabbrica Lumière a Minority Report.

Cento (e passa) anni di contatti fra cinema e pubblicità

Il cinema è un’invenzione senza futuro.

Louis Lumière

 

   Parigi, 11 luglio 1895, nelle sale della «Revue générale des sciences» avviene la prima proiezione “pubblica” di una nuova invenzione chiamata cinematografo.[1] In programma ci sono ben 8 film: La sortie des usines Lumière, La place des Cordeliers à Lyon, La leçon de voltige, Les forgerons, La pêche aux poissons rouge, Pompiers: attaque du feu, Le jardinier et le petit espiègle, Le repas de bébé. Il pubblico rimane entusiasta, le cronache dell’epoca tramandano di interminabili battiti di mani e piedi, dei fratelli Lumière portati in trionfo e di scene di stupore come quella famosissima del panico tra il pubblico durante la proiezione del film L’arrivée d’un train en la gare de La Ciotat.[2]

   Ma com’era cominciato tutto? 

   Partiamo dall’inizio. Antoine Lumière, figlio di un vignaiolo della Haute-Saône, amante dell’arte, decise di darsi alla pittura e successivamente si interessò alla fotografia aprendo uno studio fotografico che gli fruttò parecchi soldi. Erano però i tempi delle lastre a collodio umido, che potevano essere usate solo da professionisti e che richiedevano anche una camera oscura mobile per le foto fatte all’esterno. Nei primi anni 60, però arrivò la crisi: l’industria fotografica aveva cominciato a fare passi da gigante anche grazie all’invenzione della lastra secca che permetteva la lunga conservazione, e quindi la possibilità di libero accesso al campo della fotografia da parte di chiunque. (Nel 1890 la Kodak dirà: “Schiacciate il pulsante, il resto lo faremo noi”)

   A questo punto Antoine, da buon imprenditore, decise di sfruttare il fenomeno e di produrre lastre secche da vendere ai privati. Partendo dalle informazioni pubblicate su “Bulletin de la société française de photographie”, cercò d’imitare il procedimento Van Monckhoven che permetteva di fabbricarle. Purtroppo l’insuccesso e la troppa esposizione a sostanze chimiche costrinsero Antoine a ritirarsi e a lasciare la gestione della fabbrica ai suoi due figli: Auguste e Louis. I due si misero al lavoro e non solo riuscirono a fabbricarla, ma la migliorarono facendo uscire di lì a pochi anni la famosa étiquette bleue che per oltre sessant’anni, grazie a continui perfezionamenti, rimase una delle più importanti innovazioni esistenti.[3] La fabbrica cominciò ad espandersi: si passò dalle 110.000 dozzine di lastre prodotte nel 1886 alle 350.000 dozzine del 1890, fino a trasformare la ditta nella società per azioni «Société anonyme Antoine Lumière et ses fils» nel 1892, con un capitale di 3 milioni di franchi. La loro fama si deve non solo alla bontà del loro prodotto ma anche ad un abile campagna pubblicitaria che li vedeva protagonisti come fotografi in grado di fotografare e di far pubblicare su varie testate delle foto particolarmente belle o strane.[4] I Lumière accumularono utili e si ingrandirono a vista d’occhio, ma un altro pericolo stava arrivando dall’America, un pericolo che avrebbe sicuramente aperto la strada a nuovi potenti concorrenti fra i quali spiccava Eastman.[5]  

   Stava nascendo l’immagine in movimento.

   La strada verso questa nuova invenzione non fu certo semplice. In principio fu il caledoscopio di Brewster, poi vennero il taumatropio di Paris, la ruota di Farady, lo stereoscopio di Wheastone, il fenachistiscopio di Plateau, lo zoetropio di Horner, lo stroboscopio di Stampfer, il bioscopio di Rudge e Green, il cinemascopio di Seller, il fasmatropio di Heyl fino ad arrivare al cinescopio di Edison, una sorta di apparecchio, dove lo spettatore poteva, guardandovi dentro, vedere le immagini impresse su una pellicola in movimento.[6]  

   Il n. 20 del Bulletin de la société française de photographie del 1894 fra un articolo ed una foto dei Lumière, riporta un rendiconto su questa nuova strabiliante invenzione, il n. 21 del Monsieur de la photographie dello stesso anno annuncia l’arrivo della prima macchina in un boulevard di Parigi dove, con soli 0,25 franchi lo spettatore può provare un piacere indescrivibile. Ai Lumière non rimaneva molto tempo.

   Dovevano ancora una volta dimostrare di essere i migliori riuscendo a competere con gli altri produttori di film.[7] Tuttavia serviva un’idea in più, rendere fruibile la visione non solo ad una singola persona, ma allargare il business. Il ritorno pubblicitario per le industrie Lumière sarebbe stato immenso. 

   Dopo alcuni esperimenti, i Lumière, riescono a girare il primo film il 19 marzo 1895, che ovviamente, visto lo scopo dell’iniziativa non poteva essere che l’uscita degli operai (festanti per l’ora del pranzo) dalla fabbrica Lumière.

   Paradossalmente cinema e product placement sono nati lo stesso giorno.

   Esiste poi un aneddoto strano riguardo questa pellicola. Le fonti dell’epoca riportano un’anomala versione visionata durante la prima vera proiezione (quella fra il 10 e 12 giugno 1895 al congresso delle società di fotografia di Lione). Il Bulletin de la société française de photographie (n. 16, 1895) scrive: «...gli episodi sono stati: Primo. Uscita degli operai dalla fabbrica Lumière a Monplaisir. Donne, bambini, uomini escono festanti per andare al pranzo: alcuni a piedi, altri in bicicletta. Alla fine escono anche i padroni in carrozza. La vita colta sul fatto. Il film ha avuto l’onore del bis...»

   Alla seconda proiezione (11 luglio) la carrozza scompare: le porte della fabbrica si aprono gli operai escono, le porte si chiudono. Le cronache dell’epoca si interrogano cosa sia successo, ma i Lumière negano di aver girato la scena due volte.[8]

   Comunque siano andate le cose, con le due versioni, una per i concorrenti e l’altra per i clienti, i Lumière dimostrarono di saperci fare quasi di più come pubblicitari che come cineasti. Per loro infatti il cinema è stato sempre e solo un business. Un’attività secondaria, portata avanti esclusivamente per dare fama al resto.

   Fu soltanto grazie a Georges Méliès, un’illusionista che decise di sfruttare tutti i trucchi che la nuova invenzione permetteva di creare, che il cinema diventò una vera e propria forma di divertimento, grazie anche alla costruzione del primo studio cinematografico del mondo a Montreuil-sous-Bois.[9]

   Durante questi primi anni di vita è comunque difficile analizzare il fenomeno del product placement, anche perché in alcuni casi è arduo stabilire il confine fra cinema e pubblicità, come succede per Sunlight, film francese del 1898, nel quale si vede un gruppo di lavandaie con ai piedi scatole di Sunlight, per Dewar’s Scotch Whisky, film prodotto dalla International Film Company nel 1897, dove tre scozzesi ballano con lancia e scudo di fronte ad un cartello pubblicitario del whisky Dewar’s, o ad altre scene di operai e officine, come succede per il film del 1904, riguardante la fabbrica del Moet et Chandon e per A visit to Peek Frean & Co.’s biscuit factory commissionato nel 1906 dalla Cricks & Martin.[10]

   Ancora più originale è poi il film per il Patè Pol del 1905 dove una donna nuda sale su un enorme scatola di Patè. Lo spot sta comunque staccandosi dal film anche se continua ad esserne influenzato come dimostra la prima pubblicità della Perrier[11], che, pur essendo uno spot vero e proprio, viene girata alla maniera dei film di Ruiz o Vertov, cioè come documentario sulle popolazioni dell’Africa e dell’Arabia che ovviamente bevono Perrier.             

   Per tutto il periodo del muto, fino agli anni trenta le marche fanno lo loro comparsa come scatola, neon o cartello, ma lo studio di questo periodo è estremamente arduo, visto la quasi totale assenza di informazioni e la molteplicità dei marchi mostrati. Un conto è vedere un taxi della Yellow Cab impegnato in un inseguimento o la scatola del sapone Lux durante una scivolata di Olio[12], un altro è vedere i cartelli della Van Nuys Building[13] che accompagnano la scalata di Harold Lloyd in Preferisco l’ascensore (Safety last, Fred Newmeyer & Sam Taylor, Usa, 1923). 

   Il fenomeno non riguarda solo i film d’oltreoceano, ma anche molti film europei. Fra questi uno degli esempi più palesi è quello contenuto nel film tedesco Stürme der leidenshaft (Robert Siodmak, D, 1931).[14]

   La prima scena del film si svolge nelle immense cucine di una prigione dove sono posizionati numerosi scatoloni di dado Maggi. Lo chef assaggia il brodo di una delle grossissime pentole, dopodiché, facendo una faccia schifata, rimprovera l’addetto spiegando che per avere un buon brodo si devono usare i dadi. Ne prende tre da un piatto ricolmo e li butta nell’acqua bollente, sbriciolando l’ultimo. 

   Nel 1927, con Il cantante jazz (The jazz singer, Alan Crosland, Usa), il cinema diventa sonoro aprendo nuove opportunità anche all’inserimento di un prodotto.

   Ma prima di passare all’argomento vero e proprio è opportuno analizzare brevemente due fenomeni collegati al product placement che nascono in questo periodo e che dimostrano l’importanza di questo mezzo comunicazione.



[1] In realtà è ancora una visione “privata” , la seconda dopo quella riservata agli addetti ai lavori durante il congresso delle società francesi di fotografia, svoltosi a Lione fra il 10 e il 12 giugno di quello stesso anno. La prima vera presentazione pubblica sembra sia stata quella del 28 dicembre 1895 a Parigi, alla quale furono aggiunti altri film fra cui il celeberrimo L’arrivée d’un train en gare de La Ciotat. (“sembra” perché secondo alcuni studi più recenti viene collocata nei primi giorni gennaio del 1896).

[2] Cfr. Félix Mesguisch, Tour de manivelle, Paris, Grasset, 1933.

[3] Bernard Chardère, Guy & Marjorie Borgé, Les Lumière, Editions Payot, Lausanne, 1985.

[4] Fra le più famose è rimasta nella storia quella fatta ad uno sciame di maggiolini da Auguste e pubblicata sulla rivista La nature.

[5] Cioè Kodak, ma ovviamente anche Edison.

[6]Per chi fosse interessato alla preistoria del cinema si consigliano Luce e movimento di autori vari, edito dalla cineteca del Friuli nel 1995 o Il cinema prima di Lumière di Virgilio Tosi edito dalla E.R.I. di Torino. 

[7] Da un colloquio fra i due fratelli,  riportato alcuni anni dopo da Chairles Moison, capo meccanico delle officine Lumière a Monplaisir.

[8] Su questo mistero sono state scritte un’infinità di pagine. Antoine Pinel fece addirittura uno studio sulle ombre dimostrando che la versione arrivata fino ai nostri giorni non può essere stata girata il 19 marzo all’ora del pranzo, ma più verosimilmente durante un tardo pomeriggio d’inizio estate.

[9]  In realtà il primo Europeo, se si considera il “Black Maria” (il nome deriva dal fatto che assomigliava ad un furgone della polizia) costruito alcuni anni prima da Edison in America.

[10] Molti furono i pionieri del cinema che si cimentarono con film “pubblicitari.” Di questi i più famosi sono sicuramente Admiral cigarettes di Thomas Edison del 1897 e a Romance of rail di Carl Porter del 1898.

[11] Almeno la prima catalogata nell’archivio di Jean-Marie Boursicot (Francia 1924).

[12] Come succede ad esempio in Laughin’ gravy  di James W. Horne del 1931.

[13] Società tuttora esistente, ma che sottolinea l’enorme mole di lavoro che comporterebbe un’analisi approfondita di quel periodo.

[14] Tempeste di passione. Del film esiste anche una versione sonorizzata, distribuita in Francia come Tumultes.


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