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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.
Gli anni ’80.
...e forse faranno anche un film su di te.
Un
film? E che cos’è?
È una specie di televisione, ma senza la
pubblicità.
Re Artù e Mago Merlino
Negli anni
ottanta si assiste ad un vero e proprio boom del product placement. Le tecniche,
i posizionamenti e le citazioni variano molto a seconda del genere di film,
produzione, attori e registi coinvolti e brand, ma in linea di massima sono
pochissimi i film che non approfittano di questa opportunità.
Catalogare
tutto è praticamente impossibile, siamo nel periodo dei film edonistici e
patinati dove è possibile infilare qualunque cosa. (Si pensi solo a film come
9 settimane e mezzo, 9 ½ weeks, Adrian
Lyne, Usa, 1986 o Top gun, Tony Scott,
Usa, 1986, entrambi enormi clipponi di bibite, birre, macchine, moto, occhiali,
vestiti e numerose altre cose).
Le brand
sono presenti e sono evidenziate in maniera massiccia.
Non più il
cartellone semi nascosto, ma gigante a pieno schermo come quello ultramoderno
della Coca-Cola nella Los Angeles del
2019 in Blade runner
(Ridley Scott, Usa, 1982) o quello d’epoca nella Atlanta del
1950 in A spasso con
Daisy (Driving miss Daisy, Bruce Beresford, Usa, 1989)
Gli
oggetti sono posizionati in modo da essere ben visibili, come la scatola Lux
nella casa del dottore tossicomane in
Angel heart - Ascensore per l’inferno (Alan Parker, Usa, 1987) o la
bottiglia di J&B costantemente in mano di Dennis Franz, durante la sua
confessione (spiegazione del giallo) a Nancy Allen in
Blow out (Brian De Palma, 1981).
Il vero
boom è però quello delle sigarette che compaiono dappertutto, persino in film
insospettabili come succede alle Marlboro perennemente in mano al cattivo nel
film della Walt Disney Baby - Il segreto
della leggenda perduta (Baby... secret
of the lost legend, Bill W. L. Norton, Usa, 1985), alle Camel fumate per
pubblicità da Leonard Zelig in Zelig
(Woody Allen, Usa, 1983), alle Lucky Strike fumate da Madonna in
Cercasi Susan disperatamente (Desperately
seeking Susan, Susan Seidelman, Usa, 1985) o alle Merit che sta comprando
Harrison Ford prima che gli sparino in A
proposito di Henry (Regarding Henry,
Usa, 1991).
La storia
di Henry è molto interessante, quasi ucciso mentre sta comprando le Merit, perde
la memoria. La recupera bevendo Beck’s, indossando Reebok, urlando Aiax e così
via, ma la vera molla sarà un pacchetto di crackers Ritz, che gli ricorderanno
l’hotel Ritz-Carlton.
In questo
periodo viene anche usata un’altra tecnica molto frequente nella nostra
cinematografia degli anni ’70, quello della pubblicità radiofonica o televisiva,
ma mentre nei film italiani i messaggi erano quasi tutti sonori (“Crodino, l’analcolico biondo, presenta...” alla radio in
L’insegnante va in collegio, Mariano Laurenti, I, 1978 o “Non per niente Punt & Mes è l’aperitivo
più bevuto in 100 paesi nel mondo” sentito ma dalla tv in
L’insegnante viene a casa, Michele
Massimo Tarantini, I, 1978), nei film americani si mostrano le vere pubblicità.
I maestri
in questo campo furono quelli della serie “Arma letale” con la pubblicità di
Alka Seltzer mostrata in Arma letale (Lethal weapon, Richard Donner, Usa,
1987) e quella della Nike mostrata e commentata da Danny Glover in
Arma letale 2 (Lethal weapon 2, Richard Donner, Usa, 1987), ma anche altri si cimentarono
in questa tecnica, basti pensare che la famosa idea “Telefono casa” di ET (E.T. - The Extra-terrestrial, Steven
Spielberg, Usa, 1982) era nata dopo che l’alieno aveva visto la pubblicità di
Bell telecom in tv.
Altro
fenomeno che nasce in questi anni ma che rimane comunque raro è la promozione di
altri film. Di solito il fenomeno viene catalogato come citazione, ovvero omaggi
che i registi si fanno l’un l’altro per esprimersi ammirazione o semplicemente
per mettere alla prova lo spettatore, ma esistono dei casi
ambigui. In 58 minuti per morire (Die harder, Renny Harlin, Usa, 1990),
ad esempio, la compagna di viaggio di Bonnie Bedelia legge un giornale sul quale
compare la pubblicità della serie Arma
letale, dello stesso produttore (Joel Silver) e che sarebbe uscita l’anno
seguente col terzo episodio. Altro caso ambiguo è quello di
Titanic (James Cameron, Usa, 1998),
dove mentre Rose, ormai anziana, sta arrivando sulla nave dei ricercatori, uno
di questi dice al capo: “...è una maledetta bugiarda o una svitata in cerca di soldi o di
pubblicità o solo Dio sa cosa. Come quell’altra russa: Anastasia...” Stranamente
Anastasia (Don Blith & Gary Oldman,
Usa, 1998) era il secondo film su cui aveva scommesso
la Twenty quell’anno e che sarebbe uscito poco dopo. Per finire
le coincidenze, nel già citato Il sesto
senso (produzione Hollywood Pictures e distribuzione Buena Vista, quindi
Walt Disney), il bambino si reca nella camera della bambina morta che gli fa
avere una videocassetta (TDK), ma prima che lei appaia, controlla fra le
videocassette sugli scaffali, dove ci sono esclusivamente cassette dei film
della Walt Disney.
Non solo
però solo gli americani ad avere queste “coincidenze” visto che anche i nostri
Massimo Ceccherini e Alessandro Paci in cerca di uno spunto per il film in
Faccia di Picasso (Massimo Ceccherini,
I, 2000) si trovano all’interno di una videoteca dove (a parte per i film che
devono essere per forza presenti perché citati come
La vita è meravigliosa, It’s wonderful Life, Frank Capra, Usa, 1946, o
L’esorcista, The Exorcist, William
Friedkin, Usa, 1973) tutte le cassette presenti sono della Cecchi Gori Home
Video.
In questi
anni il product placement americano influenza anche quello orientale,
soprattutto quello hongkongese, che, visto il successo ottenuto da questa
cinematografia in occidente riesce, ad attrarre l’interesse di moltissime
industrie.
Oltre ad
ottenere il posizionamento del logo in maniera decisamente evidente (si pensi
agli enormi cartelli Coca-Cola davanti ai quali si svolgono i combattimenti di
Chicken and Duck Talk, Ji Tong Ya Jiang,
Gai Tung Ngap Gong, Michael Hui, H.K. 1988 o quelli di
Hong Kong, colpo su colpo, Knock off, Tsui Hark, H.K. 1998) in molti casi si
ottiene anche il logo a caratteri cubitali nei special thanks finali.
La spada nella roccia (The sword in the stoone), Wolfang Reitherman, Usa, 1963.
Fra le
citazioni più famose ci sono quelle di Kubrick (esempio la colonna sonora di
2001: odissea nello spazio guardata da Alex in
Arancia meccanica, A clockwork orange, Gb,
1971), di Argento (piuma de L’uccello dalle piume di cristallo, I, 1971, usata da Susy Bannon per uccidere Elena
Marcos, regina delle streghe in Suspiria, I, 1977) di Indiana Jones che trova i robot di
Guerre stellari (Star wars, George Lucas, Usa, 1977) come
graffiti nella stanza della mappa ne I predatori dell’arca perduta (Raiders of the
lost ark, Steven Spielberg, Usa, 1981) e Obi-Wan Kenobi come locale in
Indiana Jones e il tempio maledetto (Indiana Jones and the temple of doom,
Steven Spielberg, Usa, 1984), di Ichabod Crane, detective de
Il mistero di Sleepy Hollow (Sleepy Hollow,
Tim Burton, Usa 1999) che incontra lo spaventapasseri Skeleton di
Tim Burton’s Nightmare before Christmas
(Henry Selic & Tim Burton, Usa, 1993) per non parlare di Sam Raimi che mette
il cartellone de Le colline hanno gli
occhi di Wes Craven nella cantina de
La casa (Evil dead, Usa, 1983) e
di Craven che ricambia facendo guardare La
casa a uno dei protagonisti di
Nightmare - Dal profondo della notte (A
nightmare on Elm Street, Usa, 1984).
Pochissimi sono i casi in cui si fa nei film occidentali, fra questi Reebok in
Kazaam - Il gigante rap (Kazaam, Paul M.
Gloser, Usa, 1996).