La Storia

L'utilizzo della stampa nei Film La svolta del Product Placement negli anni '70 Gli anni 90 in america
Storia L'utilizzo della stampa nei film La svolta degli anni '70 Gli anni '90 in USA
Propaganda La potenza delle star Gli anni 70 in Italia Il nuovo millennio
I film di Propaganda La potenza delle star Gli anni 70 in Italia Il nuovo millennio
Acme Il boom in Italia Gli anni 80 I casi più famosi
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Cinema Sonoro La pubblicità subliminale Gli anni 80 e 90 in Italia  
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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo  della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.

La potenza delle star.

 

 

 

                                                                                                   Sapete chi vorrei sposare io? Rockefeller.

                                                                                                   Quale?

                                                                                                   Uno a caso.

                                                                                                   Io mi accontenterei anche di un Vandervick.

                                                                                                   Oppure un Coca-Cola.

                                                                                                   Non esiste, ho controllato.

Marilyn Monroe, Betty Grable, Lauren Bacall[1]

 

   Negli anni 50 e 60 nascono nuove tecniche e nuovi generi e anche il product placement conosce una nuova stagione.

   Nei film americani le marche cominciano a farsi vedere in maniera evidente. Possono apparire casualmente all’interno della scena come la scatola di Lux sul tavolo da cucina in Dietro lo specchio (Bigger than life, Nicholas Ray, Usa, 1963), o quelle sparse per terra, durante il sonno dovuto al raggio alieno, ne Il villaggio dei dannati (The villagge of damned, Wolf Rilla, Gb, 1960).

   Ma in questo periodo si fa molto di più, si prende maggiormente coscienza di un fenomeno che era già nato nei decenni precedenti ma che adesso viene sfruttato in pieno dalle brand: la potenza di una star.

   Mezza umana mezza divina, versione new look degli dei dell’Olimpo e degli eroi della mitologia, questa moderna divinità che è la star, crea una nuova religione suscitando un proprio culto. Prodotto perfetto della nostra civiltà dei consumi, la star capta le aspettative antropologiche che di volta in volta la religione e la politica hanno deluso. È l’incontro fatale del commercio e dell’arte, della dea e della merce. L’uomo del ventesimo secolo scopre finalmente riuniti a braccetto questi valori nemici che hanno sempre lacerato la sua vita.”[2]

   La star convince: lei fa e noi facciamo, lei usa e noi consumiamo.

   Se ne era già accorta la pubblicità che da anni usava le star come testimonial per le proprie campagne pubblicitarie.

   Una delle primissime campagne pubblicitarie a sfruttare questa idea (la prima, secondo alcune fonti), sembra sia stata quella della saponetta Lux con «9 out of 10 screen stars use Lux toilet soap for the priceless smooth skin» nel 1925, dopodiché il contagio fu immediato.

   Solo in quegli anni la Lucky Strike aveva sotto contratto stelle del calibro di Constance Talmadge, Carole Lombard, Gary Cooper, Robert Taylor e Barbara Stanwych, mentre la Chesterfield poteva contare sulla presenza di Rita Hayworth, Susan Hayward, Richard Widmark, Tyrone Power, Alan Ladd, Bob Hope, Joan Crawford, Glen Ford e Gregory Peck.

   Con questa nuova visione di product placement, la star non ha più bisogno di stare immobile per vendere i sogni,[3] ma può sfruttare tutto il suo fascino per pubblicizzare un prodotto (o un sogno) all’interno di una storia.

   Il potere seduttivo è enorme. In Accadde una notte, film decisamente sensuale per l’epoca (chi non ricorda le “mura di Gerico” innalzate in camera da letto o la coscia di Claudette Colbert in nylon, mostrata per fermare un automobilista e la battuta “Se ci sarà da fermare un autobus mi spoglierò.” ?), Clark Gable appare per la prima volta, nella storia del cinema ufficiale, senza maglietta, nudo sotto la camicia.

   Successe il finimondo, le vendite di canottiere in tutti gli Stati Uniti crollarono vorticosamente. I produttori di maglieria intima si recarono ad Hollywood a supplicare che la scena venisse tagliata, e così fu.[4]

   L’irrefrenabile bisogno di affiliazione provocato da Clark Gable, Marilyn e colleghi, non poteva non essere sfruttato.

   Così Katharine Hepburn e Humprey Bogart si ritrovano a bere Gordon Gin ne La regina d’Africa (The Africa queen, John Houston, Usa 1952), Lana Turner e Richar Burton il Ballantines ne Le pioggie di Ranchipur (The rains of Ranchipur, Jean Negulesco, Usa, 1955) e il Ricard accompagna Elizabeth Taylor e Van Johnson in L’ultima volta che vidi Parigi (The last time I saw Paris, Richard Brooks, Usa, 1954).

   Le marche cercano anche di legarsi a determinate star e di aver un rapporto che duri più di un film.

   Una conferma di quanto appena affermato si può trovare nella rete, alla pagina  www.westword.com/extra/dewey/pepsi-dearest.html, dove si parla dell’amicizia fra Joan Crawford e Pepsi-Cola, con immagini tratte, fra gli altri, da La storia di Esther Costello (The story of Esther Costello, David Miller, Gb, 1957), Strait-Jacket (William Castle, Usa, 1964), Piano... piano, dolce Carlotta (Hush... hush, sweet Charlotte, Robert Aldrich, Usa, 1965), Circus of blood (Berserk! Jim O’Connolly, Usa, 1967) e Trog (Freddie Francis, Usa, 1970).

   Ma la vera star di questi anni, l’icona pubblicitaria per eccellenza, non poteva che essere Marilyn.

   Nata con un filmino “porno” del 1945, dove “gioca” nuda con una bottiglietta di Coca-Cola,[5] e morta con un suicidio che l’ha fatta entrare nel mito,[6] Marilyn e la sua gonna alzata sopra gli sfiatatoi della metropolitana in Quando la moglie è in vacanza (The seven year hitch, Billy Wilder, Usa, 1957) sono diventate segno repertoriale per l’advertising del futuro.

   A loro è stato dedicato di tutto: dalle copertine del Times alle serigrafie di Andy Warhol, dove “il ritratto dell’attrice viene visto come il prodotto di una cultura di massa, costruito alla stregua di un prodotto di consumo”,[7] dalle pubblicità della Polo ai nomi (e arredamenti) per pub, discoteche e sexy shop.

   Ma anche da viva, Marilyn è stato un ottimo testimonial, al quale è stato fatto sponsorizzare di tutto.    Come non ricordare la modella pubblicitaria di Quando la moglie è in vacanza, che turba le notti del timido Tom Ewell che, armato di Royal Crown Cola, e respingendo fermamente ogni tentazione viziosa, cerca di respingere anche lei, l’aspirante miliardaria di Come sposare un milionario che incontra la moglie del vero signor Esso e la cantante jazz di A qualcuno piace caldo (Some like it hot, Billy Wilder, Usa, 1959) che si innamora del falso signor Shell, per non parlare delle sue gambe che spuntano da

un cartellone Ford ne Il magnifico scherzo (Monkey business, Howard Hawks, Usa, 1952) o del vestito sexy attillato della cantante di saloon Cherie in Fermata d’autobus (Bus stop, Joshua Logan, Usa, 1956) che si esibisce davanti ad un quadro della Bell Telephone.

   E la lista potrebbe andare avanti ricordando la Coca-Cola, presente in molti suoi film, Chanel n.5, col quale dormiva, Tru-Glo, liquid make-up, che lanciò una campagna pubblicitaria con Marilyn in contemporanea all’uscita del film Niagara (Henry Hathaway, Usa, 1953), nella quale sosteneva di essere il prodotto utilizzato per il trucco di Marilyn nel film, e moltissimi altri casi.

   Ma i cambiamenti che avvennero in America non furono niente in confronto a quello che successe in Italia.

 

 

 



[1] Come sposare un milionario, (How to marry a millionaire, Jean Negulesco, Usa, 1953).

[2] Jacques Séguéla, Hollywood lava più bianco, Flammarion, Parigi, 1982.

[3] Constance Talmadge dichiarava tranquillamente alle donne: “Accendi una Lucky Strike e non sentirai la necessità dei dolci che ti fanno ingrassare.”  

[4] L’esatto contrario di quanto successe nel 1956 con Baby doll (Elia Kazan, Usa), dove l’abbigliamento di Caroll Baker fece aumentare considerevolmente le vendite di camicie da notte corte e trasparenti.

[5] Apple knockers and Coke, universalmente considerato come film di Marilyn, anche se alcune fonti autorevoli (Playboy) sostengono che in realtà il film fu interpretato da Arline Hunter (Miss Agosto 1954) sosia perfetta di Marilyn (Miss Dicembre 1953) a tal punto che Playboy per il suo servizio ricalcò in parte le foto già fatte con Marilyn. Ed anche il cinema la sfrutto soprattutto per questo (Sex Kittens go to college, Albert Zugsmith, 1960).

[6] Jacques Séguéla, Hollywood lava più bianco, Flammarion, Parigi, 1982.

[7] Da The Art book miniature edition, Phaidon Press Limited, London, 1994.


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