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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.
La potenza delle star.
Sapete chi vorrei sposare io? Rockefeller.
Quale?
Uno a caso.
Io mi accontenterei anche di un Vandervick.
Oppure un Coca-Cola.
Non esiste, ho controllato.
Marilyn Monroe, Betty Grable, Lauren Bacall
Negli anni
50 e 60 nascono nuove tecniche e nuovi generi e anche il product placement
conosce una nuova stagione.
Nei film
americani le marche cominciano a farsi vedere in maniera evidente. Possono
apparire casualmente all’interno della scena come la scatola di Lux sul tavolo
da cucina in Dietro lo specchio (Bigger than life, Nicholas Ray, Usa,
1963), o quelle sparse per terra,
durante il sonno dovuto al raggio alieno, ne
Il villaggio dei dannati (The villagge
of damned, Wolf Rilla, Gb, 1960).
Ma in
questo periodo si fa molto di più, si prende maggiormente coscienza di un
fenomeno che era già nato nei decenni precedenti ma che adesso viene sfruttato
in pieno dalle brand: la potenza di una star.
“Mezza umana mezza divina, versione new
look degli dei dell’Olimpo e degli eroi della mitologia, questa moderna divinità
che è la star, crea una nuova religione suscitando un proprio culto. Prodotto
perfetto della nostra civiltà dei consumi, la star capta le aspettative
antropologiche che di volta in volta la religione e la politica hanno deluso. È
l’incontro fatale del commercio e dell’arte, della dea e della merce. L’uomo del
ventesimo secolo scopre finalmente riuniti a braccetto questi valori nemici che
hanno sempre lacerato la sua vita.”
La star
convince: lei fa e noi facciamo, lei usa e noi consumiamo.
Se ne era
già accorta la pubblicità che da anni usava le star come testimonial per le
proprie campagne pubblicitarie.
Una delle
primissime campagne pubblicitarie a sfruttare questa idea (la prima, secondo
alcune fonti), sembra sia stata quella della saponetta Lux con «9 out of 10
screen stars use Lux toilet soap for the priceless smooth skin» nel 1925,
dopodiché il contagio fu immediato.
Solo in
quegli anni la Lucky
Strike aveva sotto contratto stelle del calibro di Constance
Talmadge, Carole Lombard, Gary Cooper, Robert Taylor e Barbara Stanwych, mentre
la Chesterfield
poteva contare sulla presenza di Rita Hayworth, Susan Hayward, Richard Widmark,
Tyrone Power, Alan Ladd, Bob Hope, Joan Crawford, Glen Ford e Gregory Peck.
Con questa
nuova visione di product placement, la star non ha più bisogno di stare immobile
per vendere i sogni, ma può sfruttare tutto
il suo fascino per pubblicizzare un prodotto (o un sogno) all’interno di una
storia.
Il potere
seduttivo è enorme. In Accadde una notte,
film decisamente sensuale per l’epoca (chi non ricorda le “mura di Gerico”
innalzate in camera da letto o la coscia di Claudette Colbert in nylon, mostrata
per fermare un automobilista e la battuta “Se ci sarà da fermare un autobus mi
spoglierò.” ?), Clark Gable appare per la prima volta, nella storia del
cinema ufficiale, senza maglietta, nudo sotto la camicia.
Successe
il finimondo, le vendite di canottiere in tutti gli Stati Uniti crollarono
vorticosamente. I produttori di maglieria intima si recarono ad Hollywood a
supplicare che la scena venisse tagliata, e così fu.
L’irrefrenabile bisogno di affiliazione provocato da Clark Gable, Marilyn e
colleghi, non poteva non essere sfruttato.
Così
Katharine Hepburn e Humprey Bogart si ritrovano a bere Gordon Gin ne
La regina d’Africa (The Africa queen, John Houston, Usa 1952), Lana Turner e Richar Burton il
Ballantines ne Le pioggie di Ranchipur
(The rains of Ranchipur, Jean
Negulesco, Usa, 1955) e il Ricard accompagna Elizabeth Taylor e Van Johnson in
L’ultima volta che vidi Parigi (The last time I saw Paris, Richard
Brooks, Usa, 1954).
Le marche
cercano anche di legarsi a determinate star e di aver un rapporto che duri più
di un film.
Una
conferma di quanto appena affermato si può trovare nella rete, alla pagina
www.westword.com/extra/dewey/pepsi-dearest.html, dove si parla dell’amicizia fra
Joan Crawford e Pepsi-Cola, con immagini tratte, fra gli altri, da
La storia di Esther Costello (The story of Esther Costello, David
Miller, Gb, 1957), Strait-Jacket
(William Castle, Usa, 1964), Piano...
piano, dolce Carlotta (Hush... hush,
sweet Charlotte, Robert Aldrich, Usa, 1965),
Circus of blood (Berserk! Jim O’Connolly, Usa, 1967) e
Trog (Freddie Francis, Usa, 1970).
Ma la vera
star di questi anni, l’icona pubblicitaria per eccellenza, non poteva che essere
Marilyn.
Nata con
un filmino “porno” del 1945, dove “gioca” nuda con una bottiglietta di
Coca-Cola, e morta con un suicidio
che l’ha fatta entrare nel mito, Marilyn e la sua gonna
alzata sopra gli sfiatatoi della metropolitana in
Quando la moglie è in vacanza (The
seven year hitch, Billy Wilder, Usa, 1957) sono diventate segno repertoriale per l’advertising del futuro.
A loro è
stato dedicato di tutto: dalle copertine del Times alle serigrafie di Andy
Warhol, dove “il ritratto dell’attrice viene visto come il prodotto di una
cultura di massa, costruito alla stregua di un prodotto di consumo”, dalle pubblicità della
Polo ai nomi (e arredamenti) per pub, discoteche e sexy shop.
Ma anche
da viva, Marilyn è stato un ottimo testimonial, al quale è stato fatto
sponsorizzare di tutto.
Come non ricordare la modella pubblicitaria di
Quando la moglie è in vacanza, che
turba le notti del timido Tom Ewell che, armato di Royal Crown Cola, e
respingendo fermamente ogni tentazione viziosa, cerca di respingere anche lei,
l’aspirante miliardaria di Come sposare un milionario che incontra la moglie del vero signor Esso e la
cantante jazz di A qualcuno piace caldo
(Some like it hot, Billy Wilder, Usa,
1959) che si innamora del falso signor
Shell, per non parlare delle sue gambe che spuntano da
un cartellone Ford ne Il magnifico scherzo (Monkey business,
Howard Hawks, Usa, 1952) o del vestito sexy attillato della cantante di
saloon Cherie in Fermata d’autobus (Bus stop, Joshua Logan, Usa, 1956)
che si esibisce davanti ad un quadro della Bell Telephone.
E la lista
potrebbe andare avanti ricordando
la Coca-Cola, presente in molti suoi film, Chanel n.5, col
quale dormiva, Tru-Glo, liquid make-up, che lanciò una campagna pubblicitaria
con Marilyn in contemporanea all’uscita del film
Niagara (Henry Hathaway, Usa, 1953), nella quale sosteneva di essere il
prodotto utilizzato per il trucco di Marilyn nel film, e moltissimi altri casi.
Ma i
cambiamenti che avvennero in America non furono niente in confronto a quello che
successe in Italia.
Apple knockers and Coke, universalmente considerato come
film di Marilyn, anche se alcune fonti autorevoli (Playboy) sostengono che in
realtà il film fu interpretato da Arline Hunter (Miss Agosto 1954) sosia
perfetta di Marilyn (Miss Dicembre 1953) a tal punto che Playboy per il suo
servizio ricalcò in parte le foto già fatte con Marilyn. Ed anche il cinema la
sfrutto soprattutto per questo (Sex
Kittens go to college, Albert Zugsmith, 1960).