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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo  della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.

I film di propaganda.

                                                                             Il finanziamento sovietico stabiliva però precise direttive.

                                                                             Colin fu costretto a eliminare tutti i riferimenti religiosi

                                                                             dal film. Il Battista diventò un rivoluzionario socialista.

                                                                             Erode uno strozzino fascista, mentre Salomè divenne una

                                                                             prostituta che, rinnegata la sua  vita peccaminosa

                                                                             imparava l’arte della contrattazione collettiva.

Forgotten Silver[1]                           

 

   Il primo fenomeno è quello del film di propaganda.

   Nel corso della storia il cinema è stato usato pro e contro qualunque tipo di democrazia o regime. Gli esempi sono molteplici: si va da alcuni dei film prodotti in Russia dal Commissariato del popolo per l’istruzione dal 1918,[2] ai film cubani come El extraño caso de Rachel K, gradevole noir del 1977 di Oscar Valdez, contro l’imperialismo americano.

   I grandi maestri in quest’arte rimangono comunque i tedeschi. Fra il 1933 ed il 1945 il ministro per la propaganda nazista Goebbels cercò di costruire una Hollywood del terzo Reich.[3] Conscio di non avere più a disposizione grandi registi[4] e, ben sapendo che film solo di propaganda non avrebbero mai portato a niente, cominciò a saccheggiare i film americani rielaborandoli nell’ottica nazista.

   Il cinema tedesco produsse film di tutti i generi, dalla commedia sentimentale ai western di Luis Trenker, dove non era impossibile, tanto per rimanere in tema di product placement, veder passare una Volkswagen in mezzo ai cavalli.[5]  

   La differenza sostanziale col cinema americano consiste comunque nel fatto che mentre a Hollywood stava nascendo una generazione di antieroi, personaggi solitari, aspri, fondamentalmente buoni ma profondamente repressi, in Germania nascevano sempre e solo supermen. Al fascino perdente di Rick Blaine,[6] Rhett Buttler[7] o di un qualunque detective uscito dal genere noir come Philip Marlowe,[8] Goebbels contrapponeva personaggi forti pienamente coscienti del loro ruolo di salvatore e di guida del proprio popolo verso la vittoria contro il nemico, come Hans Albers in Flüchtlinge (Gustav Ucicky, 1934)

   Tutti gli studios erano impegnati alla ricerca di personaggi che ricordassero il Führer, ma le manipolazioni non si fermavano a questo. Nel film di Hans Steinof The old a young king (Der alte und der junge könig) si può ritrovare, nel linguaggio usato dal vecchio re per giustificare l’uccisione del miglior amico del figlio, le stesse motivazioni date da Hitler per giustificare la notte dei lunghi coltelli, quando fece uccidere dalle SS Röhm e le sue SA.[9] Anche Giovanna D’Arco diventa una nemica del popolo in Das mädchen Johanna (distribuito in Italia con il titolo di Giovanna D’Arco) diretto nel 1934 da Gustav Ucicky, unico film a lei dedicato in cui non è un’eroina.

   “Il vero eroe è Carlo VII che con la sua mentalità nazi crede nella nobiltà del tradimento per il bene della patria. L’epurazione del 30 giugno (1934) e l’eliminazione di Tremouille, l’incendio del Reichstag (27 febbraio 1933) e il rogo nella piazza del mercato di Rouen (30 maggio 1431), questi parallelismi politici sono fortemente sottolineati. La regia è terribilmente sincera, convogliando una sorta di ammirazione per un dittatore che ha la forza di eliminare i suoi alleati.”[10]

   Giovanna D’Arco finisce male non solo perché è francese, ma anche perché agisce di testa propria. Difficilmente, nei film del terzo reich, le donne sono in grado di decidere indipendentemente e quando lo fanno finiscono immancabilmente male, come succede a Zarah Leander in La Habañera (Douglas Sirk,[11] 1937) o in Die grosse liebe (Rolf Hansen, 1942), dove capisce che gli interessi della patria (il suo amante è un pilota dell’aeronautica) sono decisamente più importanti dei suoi affari personali.

   A questi si uniscono i film di propaganda veri e propri[12] fra i quali il capolavoro assoluto è senza ombra di dubbio Il trionfo della volontà di Leni Riefenstahl,[13] film di oltre due ore che documenta il congresso nazista di Norimberga del 1934 con Hitler, Hess e tutti gli altri gerarchi del terzo reich. Ma ancora più potente è Olimpia, film di quattro ore diviso in due parti (Olympia I. Teil “Fest der Völker” e Olympia II. Teil “Fest der Schönheit’”) sempre della Riefenstahl, girato con potentissimi mezzi (40 operatori con telecamere su gru, dirigibili, dentro le piscine) durante le olimpiadi di Berlino del 1936, il cui unico obbiettivo era quello di sponsorizzare la brand ariana.[14]

   La filmografia di propaganda tedesca non poteva non influenzare quella italiana, che parte alla grande dall’Istituto Luce con Camicia nera (Giovacchino Forzano, I, 1932), film che partendo dalla storia di un fabbro che ha perso la memoria, mescola materiali di repertorio a scene appositamente girate, portando la fiction all’interno della realtà fascista. La particolarità di questo film deriva dal fatto che l’autore del soggetto fu lo stesso Mussolini,[15] probabilmente desideroso di mostrare tutto quello che il regime era riuscito a fare nei dieci anni precedenti.

   Altro film dichiaratamente di propaganda è Vecchia guardia (Alessandro Blasetti, I, 1935). Il film parla degli scioperi del 1922 e delle spedizioni squadriste. Ovviamente le ultime vengono viste come un’innocua bravata giovanile dove al massimo si fa bere un po’ di olio di ricino, mentre i veri “bastardi” sono i comunisti.

   Oltre a questi film dichiaratamente di propaganda, si cerca di tenere alti anche altri valori come quelli di patriottismo, con film come Il piccolo alpino di Oreste Biancoli del 1940, e di amore per l’alleato, come succede nella commedia sentimentale Dove andiamo, signora? di Gian Maria Cominetti del 1942, storia d’amore fra nobile italiana e nobile tedesco ambientata in una Roma senza guerra. Ma l’esempio più palese di come il cinema fosse sfruttato per inviare messaggi alla popolazione è quello de La bisbetica domata, film del 1942 di Ferdinando Poggioli, tratto da un soggetto, visto che eravamo in guerra con l’Inghilterra e quindi un nemico come Shakespeare non si poteva citare, dello stesso Poggioli e di Sergio Amidei, dove durante un bombardamento gli attori di una compagnia si ritrovano sul palco di un rifugio a recitare. Alle loro spalle ci sono cartelli che invitano a fornirsi di maschere antigas (Pirelli).  


[1] Forgotten Silver di Peter Jackson, Nuova Zelanda, 1995.

[2] Forse l’esempio più conosciuto è Ottobre - I dieci giorni che sconvolsero il mondo (Oktjabr’, Sergej M. Ejzenštejn, Urss, 1927)  commissionato dal governo per celebrare i dieci anni della rivoluzione.

[3] Fonte: Goethe istitute.

[4] Murnau, Wiene, Lubitsch  e tutti gli altri maestri, come il direttore della fotografia Freund, avevano già dovuto lasciare la Germania, per le divergenze fra espressionismo e nazionalsocialismo. Fritz Lang, uno dei pochi grandi rimasti, fu convocato direttamente da Goebbels per dirigere gli studi. La notte stessa lasciò la Germania. 

[5] David Stewart Hull, Film in the third reich: a study of german cinema 1933 - 1945, University of California press, Los Angeles, 1969.

[6] Humprey Bogart, Casablanca di Michael Curtiz, Usa 1941.

[7] Clark Gable, Via col vento (Gone with the wind) di Victor Fleming, Usa 1939.

[8] Humprey Bogart di diritto ma anche altri, da Dick Powell a George Montgomery e addirittura una macchina da presa in soggettiva in Una donna nel lago (A woman in the lake, Robert Montgomery, Usa, 1946).

[9] Erwin Leiser, Nazi cinema, Secker & Warburg, London, 1974.

[10] Graham Green, Morning in the dark: The Graham Greene film reader, Carcanet Press, Manchaster, 1993, p. 39.

[11] Che scappò in America appena terminate le riprese.

[12] Hitler era ossessionato dalla  riuscita di questo genere di film. Sembra addirittura che col fronte russo in rotta dirottò parecchie truppe fresche sul set di Kolberg di Veitarland dove si celebrava la difesa di Kolberg da parte dei prussiani, preferendo la vittoria dell’immaginario di fronte alla sconfitta reale.

[13] Der triumph des willens Germania, 1935.

[14] Vincitore, fra l’altro, della coppa Mussolini alla mostra cinematografica di Venezia del 1938 ex aequo con Luciano Serra pilota (Goffredo Alessandrini, I, 1938).

[15] Fonte Istituto Luce.


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