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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.
I film di
propaganda.
Il finanziamento sovietico stabiliva però precise direttive.
Colin fu costretto a eliminare tutti i riferimenti religiosi
dal film. Il Battista diventò un rivoluzionario socialista.
Erode uno strozzino fascista, mentre Salomè divenne una
prostituta che, rinnegata la sua
vita peccaminosa
imparava l’arte della contrattazione collettiva.
Forgotten Silver
Il
primo fenomeno è quello del film di propaganda.
Nel
corso della storia il cinema è stato usato pro e contro qualunque tipo di
democrazia o regime. Gli esempi sono molteplici: si va da alcuni dei film
prodotti in Russia dal Commissariato del popolo per l’istruzione dal 1918, ai film cubani come
El extraño caso de Rachel K, gradevole
noir del 1977 di Oscar Valdez, contro l’imperialismo americano.
I
grandi maestri in quest’arte rimangono comunque i tedeschi. Fra il 1933 ed il
1945 il ministro per la propaganda nazista Goebbels cercò di costruire una
Hollywood del terzo Reich. Conscio di non avere più
a disposizione grandi registi e, ben sapendo che film
solo di propaganda non avrebbero mai portato a niente, cominciò a saccheggiare i
film americani rielaborandoli nell’ottica nazista.
Il
cinema tedesco produsse film di tutti i generi, dalla commedia sentimentale ai
western di Luis Trenker, dove non era impossibile, tanto per rimanere in tema di
product placement, veder passare una Volkswagen in mezzo ai cavalli.
La
differenza sostanziale col cinema americano consiste comunque nel fatto che
mentre a Hollywood stava nascendo una generazione di antieroi, personaggi
solitari, aspri, fondamentalmente buoni ma profondamente repressi, in Germania
nascevano sempre e solo supermen. Al fascino perdente di Rick Blaine, Rhett Buttler o di un qualunque
detective uscito dal genere noir come Philip Marlowe, Goebbels contrapponeva
personaggi forti pienamente coscienti del loro ruolo di salvatore e di guida del
proprio popolo verso la vittoria contro il nemico, come Hans Albers in
Flüchtlinge (Gustav Ucicky, 1934)
Tutti
gli studios erano impegnati alla ricerca di personaggi che ricordassero il
Führer, ma le manipolazioni non si fermavano a questo. Nel film di Hans Steinof
The old a young king (Der alte und der junge könig) si può
ritrovare, nel linguaggio usato dal vecchio re per giustificare l’uccisione del
miglior amico del figlio, le stesse motivazioni date da Hitler per giustificare
la notte dei lunghi coltelli, quando fece uccidere dalle SS Röhm e le sue SA. Anche Giovanna D’Arco
diventa una nemica del popolo in Das
mädchen Johanna (distribuito in Italia con il titolo di
Giovanna D’Arco) diretto nel 1934 da
Gustav Ucicky, unico film a lei dedicato in cui non è un’eroina.
“Il vero eroe è Carlo VII che
con la sua mentalità nazi crede nella nobiltà del tradimento per il bene della
patria. L’epurazione del 30 giugno (1934) e l’eliminazione di Tremouille,
l’incendio del Reichstag (27 febbraio 1933) e il rogo nella piazza del mercato
di Rouen (30 maggio 1431), questi parallelismi politici sono fortemente
sottolineati. La regia è terribilmente sincera, convogliando una sorta di
ammirazione per un dittatore che ha la forza di eliminare i suoi alleati.”
Giovanna D’Arco finisce male non solo perché è francese, ma anche perché agisce
di testa propria. Difficilmente, nei film del terzo reich, le donne sono in
grado di decidere indipendentemente e quando lo fanno finiscono immancabilmente
male, come succede a Zarah Leander in
La Habañera (Douglas
Sirk, 1937) o in
Die grosse liebe (Rolf Hansen, 1942), dove capisce che gli interessi
della patria (il suo amante è un pilota dell’aeronautica) sono decisamente più
importanti dei suoi affari personali.
A
questi si uniscono i film di propaganda veri e propri fra i quali il
capolavoro assoluto è senza ombra di dubbio
Il trionfo della volontà di Leni
Riefenstahl, film di oltre due ore
che documenta il congresso nazista di Norimberga del 1934 con Hitler, Hess e
tutti gli altri gerarchi del terzo reich. Ma ancora più potente è
Olimpia, film di quattro ore diviso in
due parti (Olympia I. Teil “Fest der
Völker” e Olympia II. Teil “Fest der
Schönheit’”) sempre della Riefenstahl, girato con potentissimi mezzi (40
operatori con telecamere su gru, dirigibili, dentro le piscine) durante le
olimpiadi di Berlino del 1936, il cui unico obbiettivo era quello di
sponsorizzare la brand ariana.
La
filmografia di propaganda tedesca non poteva non influenzare quella italiana,
che parte alla grande dall’Istituto Luce con
Camicia nera (Giovacchino Forzano, I, 1932), film che partendo dalla storia di un fabbro che ha perso la memoria,
mescola materiali di repertorio a scene appositamente girate, portando la
fiction all’interno della realtà fascista. La particolarità di questo film
deriva dal fatto che l’autore del soggetto fu lo stesso Mussolini, probabilmente desideroso
di mostrare tutto quello che il regime era riuscito a fare nei dieci anni
precedenti.
Altro
film dichiaratamente di propaganda è
Vecchia guardia (Alessandro Blasetti, I, 1935). Il film parla degli scioperi
del 1922 e delle spedizioni squadriste. Ovviamente le ultime vengono viste come
un’innocua bravata giovanile dove al massimo si fa bere un po’ di olio di
ricino, mentre i veri “bastardi” sono i comunisti.
Oltre a
questi film dichiaratamente di propaganda, si cerca di tenere alti anche altri
valori come quelli di patriottismo, con film come Il piccolo alpino di Oreste Biancoli del 1940, e di amore per
l’alleato, come succede nella commedia sentimentale
Dove andiamo, signora? di Gian Maria
Cominetti del 1942, storia d’amore fra nobile italiana e nobile tedesco
ambientata in una Roma senza guerra. Ma l’esempio più palese di come il cinema
fosse sfruttato per inviare messaggi alla popolazione è quello de
La bisbetica domata, film del 1942 di
Ferdinando Poggioli, tratto da un soggetto, visto che eravamo in guerra con
l’Inghilterra e quindi un nemico come Shakespeare non si poteva citare, dello
stesso Poggioli e di Sergio Amidei, dove durante un bombardamento gli attori di
una compagnia si ritrovano sul palco di un rifugio a recitare. Alle loro spalle
ci sono cartelli che invitano a fornirsi di maschere antigas (Pirelli).
Forgotten
Silver di Peter
Jackson, Nuova Zelanda, 1995.
Forse
l’esempio più conosciuto è Ottobre - I
dieci giorni che sconvolsero il mondo (Oktjabr’, Sergej M. Ejzenštejn, Urss,
1927) commissionato dal governo per
celebrare i dieci anni della rivoluzione.
Murnau,
Wiene, Lubitsch e tutti gli altri
maestri, come il direttore della fotografia Freund, avevano già dovuto lasciare
la Germania, per le divergenze fra espressionismo e
nazionalsocialismo. Fritz Lang, uno dei pochi grandi rimasti, fu convocato
direttamente da Goebbels per dirigere gli studi.
La notte stessa lasciò
la
Germania.
David Stewart Hull, Film in the third
reich: a study of german cinema 1933 - 1945,
University of
California press,
Los Angeles, 1969.
Humprey
Bogart, Casablanca di Michael Curtiz,
Usa 1941.
Clark Gable, Via col vento (Gone with the wind) di Victor
Fleming,
Usa 1939.
Humprey
Bogart di diritto ma anche altri, da Dick Powell a George Montgomery e
addirittura una macchina da presa in soggettiva in
Una donna nel lago (A woman in the lake, Robert
Montgomery, Usa, 1946).
Erwin Leiser, Nazi cinema, Secker &
Warburg, London, 1974.
Graham Green, Morning in the dark: The
Graham Greene film reader, Carcanet Press, Manchaster, 1993, p. 39.
Che
scappò in America appena terminate le riprese.
Hitler
era ossessionato dalla riuscita di
questo genere di film. Sembra addirittura che col fronte russo in rotta dirottò
parecchie truppe fresche sul set di
Kolberg di Veitarland dove si celebrava la difesa di Kolberg da parte dei
prussiani, preferendo la vittoria dell’immaginario di fronte alla sconfitta
reale.
Der triumph des willens
Germania, 1935.
Vincitore, fra l’altro, della coppa Mussolini alla mostra cinematografica di
Venezia del 1938 ex aequo con Luciano
Serra pilota (Goffredo Alessandrini, I, 1938).