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Da "A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale" © Gerardo Corti, il primo capitolo completo della storia del product placement dai Lumierè ai giorni nostri. Il capitolo più utilizzato per tesi, articoli e saggi sull'argomento finalmente a disposizione nella sua versione integrale.
Gli anni ’70 in Italia.
All’ora nona?
Si, dopo carosello.
Femi Benussi
In Italia
negli anni ’70 si assiste ad una proliferazione incontrollata di marche nei
film. Lasciati alle spalle il
western, il peplum e il decamerotico dove il product
placement era quasi impossibile, il cinema degli anni
settanta (tralasciando i film d’autore) è caratterizzato dai thriller, horror,
erotici, polizieschi, avventura e commedie sulle liceali.
Nessun
film prodotto in quegli anni rimane senza sponsorizzazione, soprattutto per
quanto riguarda i superalcolici, presenti ovunque, dalla foresta incontaminata (Il paese del sesso selvaggio, Umberto
Lenzi, I, 1972) fino al deserto post-atomico (Rats notti di terrore, Bruno Mattei, I, 1985)
Le uniche
eccezioni sono costituite dai nazi movies e pochi altri, il top di apparizioni
lo abbiamo invece con le commedie su adolescenti, soldatesse, supplenti e
collegiali, alcuni dei quali sembrano dei veri e propri spot.
Prendendo
un film a caso come La professoressa di
scienze naturali (Michele Massimo Tarantini, I, 1976) in 88 minuti circa,
possiamo ammirare il Vinavil, usato da Alvaro Vitali per gli scherzi ai danni
dei professori, l’acqua minerale Pejo, in bottiglia costantemente presente sulla
cattedra durante le lezioni e sui comodini delle camere da letto, Fernet Branca,
portacenere e sponsor della squadra dei maschi alla partita dell’oratorio,
sempre Pejo, sponsor della partita, Cinzano, sponsor della quadra delle femmine
e della piazza della chiesa dove è l’unico cartello presente, Amaretto di
Saronno, presente con cartelli per le vie del paese e alle spalle di Lilli
Carati in compagnia di Cinzano, J&B, durante una cena, Crodino, bevuto da Alvaro
Vitali, Dr. Gibaud, indossato da Gianfranco D’Angelo, Plasmon & Hatù, cartelli
nella farmacia dove lavora D’Angelo, Vidal, bene in vista nella farmacia e
durante il bagno della Carati, President Reserve Riccadonna, bevuto al pranzo di
nozze.
Se questo non bastasse, ecco una piccola lista di frasi contenute nel
film: “Ecco a voi i vostri Crodini.” “Accomodatevi, volete un amaretto di
Saronno?” “Ha preso il Vidal...e se lo sta spalmando sulla pelle vellutata.”
“Vorrei una scatola da cento pezzi di preservativi Settebello Hatù” “Vorrei una
confezione di Vidal.” e così via. Ci sono anche dei medicinali citati, ma la
pubblicità più spudorata riguarda Michele Gammino che, dopo essersi pulito le
scarpe nell’abito di una suora ed essere stato travolto dalla folla, si guarda i
piedi ed esclama: “Meno male che sono del calzaturificio di Varese:
indistruttibili.”
Il tuo piacere è il mio, Claudio Racca, I, 1973.
Il peplum
(il termine deriva dalla veste delle antiche greghe) fu dato dai critici
francesi per definire tutti quei film prodotti in Italia fra il 1957 (Le fatiche di Ercole, Pietro Francisci) e il 1965 (Il vendicatore dei Mayas, Guido
Malatesta) che raccontano le gesta di eroi mitologici come Maciste, Ercole e
Ursus.
Nel 1971
Pier Paolo Pasolini decise di girare Il
Decameron, ottenendo un incredibile successo. In quattro anni, vennero
prodotti altri 52 film definiti decamerotici con titoli e trame spesso geniali.
Per fare un esempio si ricorda La bella
Antonia, prima monica e poi dimonia (Mariano
Laurenti, 1972), le cui storie ruotano intorno ad un mercante milanese che sta
diffondendo la novità delle mutande presso le più belle donne d’Italia, quelle
di Villasanta.
Anche se
la fantasia degli sceneggiatori non lo impediva del tutto. Si pensi alla banca
costruita col lego in Ci risiamo vero
Provvidenza? (Alberto De Martino, I,
1973), alle azioni della Ford comprate da Franco Nero in
Viva la muerte... tua! (Duccio Tessari, I, 1971), al grido di battaglia di Renzo
Montagnani (Telefunken!), soldato tedesco, ne
Il prode Anselmo e il suo scudiero
(Bruno Corbucci, I, 1972) e al pugno corazzato di Pippo Franco che si annuncia
come “l’amarissimo che fa benissimo”
(Petrus) in Quel gran pezzo dell’Ubalda,
tutta nuda e tutta calda (Mariano Laurenti, I, 1972).